Il saluto

Il saluto

“Il karate inizia e finisce con il saluto”
Primo principio del Dojo-Kun del M° Funakoshi

Il momento del saluto vuole esprimere e significare un’educazione estremamente profonda, senza la quale la pratica specifica difficilmente riuscirà a svilupparsi curando parallelamente spirito e corpo.

 
Il REI è un importante aspetto del modus vivendi orientale, è la norma più importante della vita sociale secondo il confucianesimo; può esser identificato con la ritualità ed in particolar modo con l’etichetta e la cortesia da cui deriva la parola reigi (composta dai kanji REI e GI, quest’ultimo col significato di “convenzione o obbligo sociale”). Per estensione rei ha assunto il significato di ringraziamento, saluto e – nello specifico – inchino (in giapponese keirei). Il Rei è un concetto fondamentale per tutte le arti marziali di origine giapponese in quanto espressione della cortesia, del rispetto e della sincerità.

La lezione di karate prevede due modi di eseguire il saluto: RITSUREI, in piedi e ZAREI, in ginocchio.

 

 

Per eseguire correttamente il RITSUREI è sufficiente assumere la posizione musubi dachi e al comando del saluto, inclinare il tronco in avanti senza guardare in basso. Durante questa fase, non si deve ostentare il saluto rimanendo per troppo tempo con il tronco inclinato. Due secondi circa sono sufficienti per rimanere nella giusta “via di mezzo”.

Il Ritsurei (in piedi) viene eseguito per salutare il maestro a inizio e fine lezione, quando si entra e si esce dal Dojo, quando si eseguono le tecniche o da soli o con i compagni (kata, bunkai, kihon etc.). Questo tipo di saluto viene anche utilizzato nelle gare o competizioni, rivolto al pubblico, maestri, ufficiali di gara e fra gli atleti stessi.

 

 

 

Per eseguire correttamente lo ZAREI si deve prima raggiungere la posizione Seiza (sedere quietamente). Esistono due modi di scendere a seconda delle scuole e sono comunque giusti entrambi e accettati. Descriviamo il primo: partendo dalla posizione musubi dachi, si flettono le gambe fino a fermarsi accovacciati e in equilibrio sugli avampiedi. Si poggia a terra prima il ginocchio sinistro e poi il destro e senza urtare o battere forte sul pavimento ci si siede sui talloni. I piedi poggiano con la parte superiore e in particolare il piede destro va sopra il sinistro, ma possono anche non essere sovrapposti e solo a leggero contatto con gli alluci. Per rientrare in posizione eretta, si compiono a ritroso i movimenti eseguiti per scendere.

Il secondo modo prevede un indietreggiamento del piede sinistro fino a poggiare a terra il ginocchio, quindi si avvicina il destro e ci si siede sui talloni. Per salire si porta avanti il piede destro e ci si alza fino a trovarsi in posizione di musubi dachi. Nella posizione Seiza non ci si deve sentire ne eccessivamente contratti, ne al contrario troppo rilassati. Per questo motivo la parte superiore del corpo assumerà una giusta posizione e avrà una certa tonicità muscolare con la schiena in linea e la testa ben eretta in modo da dimostrare marzialità. Come atteggiamento mentale, è bene ricordare che anche in questa posizione si deve essere pronti a reagire contro eventuali attacchi.

 Questa ritualità è infatti il retaggio della casta dei samurai e, in caso di necessità, permetteva loro di sguainare agevolmente la spada anche da una posizione così svantaggiata; inoltre la «tradizione marziale narra che nessun guerriero degno di tal nome abbassava la testa al punto di perdere di vista le mani della persona che gli stava di fronte, esponendosi così ad un attacco improvviso ed imparabile»

Lo Zarei (inginocchiati) si esegue a inizio e fine lezione tra maestro e allievi, ai raduni tecnici o allenamenti straordinari. La disposizione sia per il primo che per il secondo tipo di saluto deve avvenire su una o più file in base allo spazio ma sempre in modo ordinato. A seconda delle scuole o in situazioni particolari, le cinture nere possono trovarsi di lato al maestro, su una linea perpendicolare agli altri allievi. In genere i comandi vengono impartiti dal più alto in grado o da un maestro più anziano, che in quel momento è in veste di allievo.

Nel DOJO vengono distinte 4 ZONE che individuano gli spazi da occupare durante il saluto iniziale e finale:

 

 
KAMIZA:

Lato d’onore. Si trova alla destra del Joseki (lato superiore) ed è riservato alle personalità quando sono presenti. In questa zona di solito vengono messe le foto dei maestri fondatori dello stile. Spesso, per motivi logistici o di spazio, Kamiza e Joseki si fondono in un lato unico, e la foto del M° fondatore dello stile si trova alle spalle dell’insegnante. Durante gli stage, se sono presenti al saluto, il Presidente Federale oppure organi del Consiglio Federale, il M° preposto comanda mawatte, tutti sono rivolti verso le alte personalità e allo Shomen ni rei tutti si inchinano.

JOSEKI:

Lato superiore che si trova davanti allo shimoseki (lato inferiore). Qui si collocano gli insegnanti. (M° o Docenti). Alla destra del M° ci sono gli Allenatori e gli Istruttori allineati per qualifica e grado che nel dojo sono i Senpai (Allievi anziani più avanti nella pratica). Agli stage nazionali in questo lato ci sono i membri dell’Organigramma Centrale.

SHIMOZA:

Lato alla sinistra del Joseki. Qui si collocano gli alti gradi con il più anziano a capo fila che comanda il saluto. Agli stage dovrebbe essere da 5° dan mentre nel dojo da 2° dan e comunque sempre in base al numero totale.

SHIMOSEKI:

Lato “inferiore” dove si dispongono i kyu. Nel Dojo, per ragioni di spazio, in base al numero, anche i primi dan possono trovarsi in questo lato. Agli stage, possono trovarsi insieme ai kyu anche i gradi fino al 4° dan. Il termine “inferiore” non vuole relegare chi occupa questo lato ad una sorta di sotto prodotto, è solo per rispettare la gerarchia del dojo e degli stage, dove principalmente per una condizione di educazione rispetto e ordine, ognuno deve avere la sua giusta collocazione.

LA SEQUENZA DEI COMANDI NEL SALUTO

SEIZA:
Sedere quietamente. (ZA: posizione seduta, SEI: quiete). 

MOKUSO:
Meditazione (si pronuncia “moksò”). Prendere coscienza dei propri pensieri. Fare attenzione alla pronuncia, mokusò significa “casa di legno”.

MOKUSO YAME:  
Fine della meditazione.

SHOMEN NI REI: 
Saluto al maestro fondatore dello stile. Tutti sono rivolti verso il lato d’onore (KAMIZA). Si poggia prima la mano sinistra davanti al ginocchio sinistro, poi quella destra davanti al ginocchio destro, chinandosi in modo naturale. Le mani sono rivolte internamente di circa 45°. Poi eseguendo i movimenti al contrario si ritorna nella posizione precedente. Tutti si inchinano.

SENSEI NI REI:   
Il maestro è rivolto di fronte agli allievi. Si esegue di nuovo la gestualità di prima aggiungendo nel momento dell’inchino OSS! con voce forte come ringraziamento e profondo rispetto per il M°. Chi si trova di lato al maestro, ruota 30° verso di lui. Tutti si inchinano, M° compreso.

OTAGAI NI REI:
Saluto tra gli allievi. Si inchinano solo gli allievi. In alcune scuole la fila si divide a metà e i due gruppi ruotano 30 gradi in modo da orientarsi quasi frontalmente, quindi si inchinano.

KIRITZU:
E’ il comando per salire in piedi dalla posizione seiza.

A volte dopo il mokuso in posizione seiza si declamano tutti insieme i dojo kun con i quali si vuole richiamare l’attenzione di tutti i presenti in quel momento sul senso della pratica.

Riassumendo, possiamo tranquillamente affermare che se è vero che il momento del saluto vuole esprimere educazione e rispetto, deve essere vissuto intensamente e con grande sincerità e non in modo formale o solo per l’etichetta. A tale proposito è bene ribadire, ricordando ancora le parole del M° Funakoshi, che la lezione di karate non inizia con la prima tecnica che si esegue, ma dal momento in cui si entra nel dojo e ci si mette in fila per il saluto.

DA RICORDARE DURANTE IL SALUTO

A meno che non ci siano particolari esigenze didattiche, il saluto non deve mai essere impartito da uno dei docenti dello stage.  Di norma il saluto deve essere comandato dal maestro più alto in grado o più rappresentativo che si trova tra gli alti gradi (lato shimoza). Per una situazione pratica legata al numero dei partecipanti, agli stage nel momento del Seiza, non ci si deve comportare come nel dojo, dove si scende uno alla volta. Al Seiza, prima scendono i docenti tutti insieme, poi i membri dell’organigramma centrale che si trovano alla destra degli insegnanti, poi gli alti gradi che si trovano alla sinistra, quindi gli altri tutti insieme. Al comando del kiritzu, per salire in posizione eretta, ci si comporta come per il seiza e con lo stesso ordine. Il comando Shomen ni Rei si impartisce solo se allo stage è stata portata la foto del M° fondatore dello stile, oppure se sono presenti alte personalità come detto sopra.

Il termine OSU (“OSS”)

In special modo nel karate il saluto è spesso accompagnato dalla parola “osu” (pronunciata: “oss”). Originariamente si tratta dell’abbreviazione del termine “ohayō gozaimasu” (equivalente al nostro “buongiorno”), e/o del termine onegai shimasu “oss”, tradotto è “onorato di imparare con voi”. Questa espressione viene usata in palestra quando si salutano i compagni o il maestro, o quando si manifestano approvazione e conferma; trasmette, inoltre, un importante messaggio: il rispetto per l’arte e per la via, la voglia di superare se stessi mettendo da parte l’io a favore del fine ultimo.

Da un punto di vista tecnico, la gestualità del saluto può essere paragonata all’esecuzione di un piccolo KATA, per cui necessita di tutta l’attenzione possibile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *